Chiesa di San Lugano

La chiesa di san Lugano si erge sull’omonimo Passo, dando il benvenuto a chi vuole visitare la Val di Fiemme. Le prime notizie riguardo a un edificio sacro risalgono ai tempi del vescovo Gerardo Oscasali che benedisse la cappella “Santi Lucani in Silva” l’ultima domenica di maggio del 1225.    In questa occasione si dedicò la chiesa non solo a san Lugano, ma anche a san Leonardo, Sigismondo ed ai sette fratelli martiri. Nel 1451 la chiesa venne riconsacrata a causa di un grave reato avvenuto al suo interno. Fino al 1500 questo luogo fu meta di numerosi pellegrinaggi da parte dei Fiemmesi in occasione dell’anniversario della morte di san Lugano (20 luglio).

Essendo ormai troppo piccola per ospitare queste processioni, nel corso del Cinquecento, la Magnifica Comunità decise di abbattere la vecchia cappella e costruire un nuovo edificio sacro, consacrato nel 1532. In prossimità della chiesa, più tardi, fu costruito anche un ospizio per dare ristoro ai viaggiatori e pellegrini (edificio ora noto come Albergo alla Rosa). Nel passato, la chiesa di san Lugano fu oggetto di alcuni restauri, come gli interventi del 1991 che interessarono il campanile e il grande affresco esterno di san Cristoforo.

Esterni La chiesa si presenta immersa nella natura alpina, con un campanile a piramide decorato con due ordini di bifore su ogni lato. In corrispondenza della porta di accesso alla torre campanaria venne incisa la data 1737.

Il notevole portale gotico cinquecentesco dell’ingresso principale è affiancato da due piccole finestre. Una di esse reca l’anno 1636, elemento fondamentale per poter collocare il termine dei grandi lavori di costruzione della nuova chiesa avviati nel Cinquecento. Il portico, in muratura e travi in legno, costituisce in tutta la valle di Fiemme uno dei pochi esempi di sagrato coperto giunto intatto fino ai nostri giorni.

In prossimità del campanile si ammira un grande dipinto molto deteriorato risalente al Cinquecento e realizzato da un artista ignoto. A causa delle intemperie ora è visibile solo san Cristoforo mentre esce dalle acque portando su una spalla il Bambino Gesù, ma un tempo erano presenti curiosi dettagli (un bambino posto sulla riva del fiume e due conigli).

Interni La chiesa possiede un’unica navata sostenuta da elementi architettonici in pietra arenaria con semicolonne, nervature e serragli di volta, secondo uno stile gotico.

All’interno dell’edificio sono posti due altari di legno policromi e dorati: quello di sinistra è dedicato alla Madonna, mentre quello di destra a san Giuseppe. Anticamente però quest’ultimo era stato consacrato ai santi Rocco e Sebastiano, invocati dalla popolazione per scongiurare la peste. Per tale motivo, l’altare custodiva anche un grande dipinto dedicato a questi due santi protettori. Successivamente l’opera venne rubata e al suo posto fu collocata l’attuale statua di san Giuseppe, raffigurato mentre compie il lavoro di falegname.

In fondo alla chiesa è appeso un Crocifisso in legno di buona qualità, dove un tempo era posto l’altare maggiore, menzionato negli scritti dello storico Lorenzo Felicetti (parroco di san Lugano dal 1912 al 1914). Nell’abside ora non rimane traccia di questa opera in marmo e legno sulla quale erano posizionate due statue con soggetto i santi Pietro e Paolo, mentre sulla sua sommità si ergeva la statua del patrono con ai piedi l’orso, eseguita dallo scultore Pietro Demartino, originario di Predazzo. La volta era impreziosita da una decorazione con cielo stellato, realizzata tra le nervature in pietra da un pittore ignoto.

A quest’epoca, nella zona absidale si trovava anche l’opera su tela con il santo patrono Lugano realizzata nel 1801 da Antonio Longo, pittore di Varena. Tuttavia, il dipinto non è andato perduto ma ora si mostra in tutto il suo splendore nella navata sinistra, in seguito a un attento lavoro di restauro concluso nel 2003. L’artista rappresenta il santo in una posizione solenne in atto di benedire, accompagnato dall’orso e da tutti gli attributi vescovili (come il san Viglio nell’affresco della chiesa a lui dedicata a Cavalese). L’opera testimonia la notevole capacità artistica raggiunta dal Longo dopo il suo soggiorno a Roma.

Testo e fotografie

Damiano Iellici

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