Ricordate a Cavalese le due tragedie del Cermìs. Santa Messa e commemorazione al Santuario dell’Addolorata.

A quasi 45 anni dal 9 marzo 1976 ed a 23 anni esatti dal 3 febbraio 1998, Cavalese si è fermata per ricordare e rendere omaggio alle 62 vittime delle due tragedie del Cermìs. Momenti centrali al Santuario della Madonna Addolorata nel Parco della Pieve sono stati la santa Messa e la commemorazione, che non si è potuta svolgere davanti ai due cippi con i nomi delle vittime al vicino cimitero nuovo, per le disposizioni restrittive legate alla pandemia del Covid. Nell’introduzione alla celebrazione, il parroco don Albino Dell’Eva ha richiamato il senso del commemorare, che è un riportare alla memoria, in questo caso le vittime e le due tragedie del Cermis che le hanno provocate, ben 62, come è noto non frutto della fatalità ma di responsabilità ben precise. Il parroco ha però richiamato il fatto di ritrovarsi al Santuario dell’Addolorata e all’interno della celebrazione della santa Messa. Questo dà anche un altro significato alla celebrazione, che diventa a tutti gli effetti un suffragio, cioè un’invocazione di salvezza: di pace e di vita per le vittime, la cui esistenza è stata improvvisamente, ingiustamente e violentemente interrotta, ma anche per chi è rimasto, non meno bisognoso di vita rappacificata. Nell’omelia don Albino si è poi rifatto al vangelo della liturgia del giorno, in cui si narra dello scandalo che Gesù ha provato tra i suoi compaesani di Nazareth, da essi giudicato un messia troppo umano, con il risultato di opporgli incredulità. Questo ha dato motivo al parroco di prendere consapevolezza che anche la nostra memoria è abitata da uno scandalo, quello delle due tragedie e delle colpevoli responsabilità che le hanno provocate, del bisogno di giustizia non pienamente soddisfatto. Don Albino ha poi invitato a domandarsi se non sia necessario, dopo tanti anni, porsi in un atteggiamento nuovo di fronte a quelli scandali, un atteggiamento che superi progressivamente la fase della giusta rivendicazione. Questa infatti, a lungo andare, rischia di alimentare inutili divisioni e contrapposizioni, con il risultato di incancrenire il dolore. “Lo scandalo – ha ricordato il sacerdote – rimane tale e per sempre, non va mai minimizzato; ciò che dovrebbe cambiare è il rapporto con la memoria che lo ospita e che ce lo ripropone puntualmente. L’elaborazione del lutto o, se si vuole, la rimarginazione delle ferite, passa inevitabilmente verso un processo di guarigione della memoria, che domanda una precisa volontà di riconciliazione. Trovare le vie per giungere a questa meta umanizzante è un compito che attende tutti, familiari delle vittime, comunità religiosa e comunità civile”.

Nel suo intervento di commemorazione, il sindaco di Cavalese Sergio Finato ha sottolineato i quasi 45 anni trascorsi dal primo gravissimo incidente del Cermis e i 23 da quello non meno tragico del 1998, due eventi, ha continuato Finato, che hanno segnato profondamente la vita di Cavalese e della Val di Fiemme. Finato ha poi ricordato le vittime che furono 42 nel 1976 e 20 nel 1998, soprattutto turisti stranieri, che provenivano da sei stati dell’Unione Europea, alcuni italiani e tre di loro della Valle di Fiemme e poi il ricordo della tragedia di Stava soltanto nove anni dopo il primo incidente del Cermìs. “Rivolgendo ora lo sguardo al passato e alle tre dolorosissime ferite che segnarono così pesantemente la vita delle nostre popolazioni – ha continuato il primo cittadino di Cavalese – assieme al nostro cordoglio, che si rinnova nel ricordo delle numerose vittime inconsapevoli causate da quei terribili eventi, avvertiamo ancora una considerazione di fondo forte e ineludibile”. Essa rappresenta – ha continuato Finato – ancora oggi soprattutto un richiamo: quelle vittime, infatti, non furono certo conseguenza di eventi casuali, ma di errori e responsabilità umane. “Questa constatazione basilare – ha concluso il sindaco – che ci vede qui riuniti in occasione dell’odierno incontro annuale, ci richiama soprattutto al rispetto della vita altrui, nella consapevolezza che il suo valore riveste sempre un’assoluta priorità. Nel contempo essa costituisce anche un monito affinché non abbiano mai più a ripetersi in avvenire condizioni ed eventi di tale assoluta gravità. Oggi, dunque, non possiamo sostare in raccoglimento, come in passato, davanti alle due grandi lapidi in porfido che riportano le decine di nomi di quanti perirono nei due incidenti, ma sappiamo che il loro ricordo rivive oggi, comunque, nei nostri cuori, come sempre vivrà anche nella memoria collettiva del nostro paese”.

L’assessore provinciale Achille Spinelli, in rappresentanza della Provincia autonoma di Trento ha sottolineato che “la storia, anche nelle pagine più tragiche, non va mai dimenticata. La partecipazione è un atto doveroso per il rispetto che dobbiamo alle vittime, ai loro familiari e ad una comunità che, nonostante sia stata più volte colpita, ha saputo rialzarsi”.

foto da l’Adigetto

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